.: La parola di ... Feniks :.
Il muro di Berlino
Sono qui chiuso in una teca di un famoso museo, E sono solo un piccolo mattone, un po' bruttino per la verità, scuro e striato dai solchi che
un piccone saldamente impugnato ha impresso sul mio dorso in modo indelebile.
Mi chiedo che cosa ci faccio qui, circondato da reperti molto più importanti di me.
Là, in quell'angolo ci sono delle divise color cachi, con e la sigla 'STASI'. Dall'altra parte una serie di carte, lettere, appunti, sentenze
del tribunale ... tutte di condanna ... ergastolo ... financo morte..
I visitatori, passando davanti al vetro, si fermano a leggere il cartellino che gli addetti premurosi puliscono ogni giorno. C'è scritto :
Frammento del Muro di Berlino..
Mi chiedo come sia possibile che un pezzo di mattone di un muro finisca in un museo, ma poi penso a cosa ha rappresentato questo Muro, e allora si',
sono nel museo, perché sono un pezzo di storia..
Io c'ero il 13 Agosto 1961 quando la DDR decise di costruire una barriera che tagliasse in due la città di Berlino. Un muro fisico, visibile
da lontano, segno tangibile della netta separazione tra le due anime della Germania ancora occupata, divisa tra Est e Ovest.
Prima che il muro fosse eretto era difficile passare da una parte all'altra di Berlino, dopo ... impossibile.
C'era il divieto assoluto di attraversare le zone di influenza sovietiche e americane. Proibito persino comunicare con chi stava 'di là',
anche se era un parente o un amico. E 'di qua' il regime sovietico, con la sua polizia, le sue rappresaglie, i suoi sportivi portati in trionfo,
vanto della nazione tedesca.
Io c'ero quando uomini e donne che osteggiavano questo regime, cercavano affannosamente di scavalcarmi, con ogni mezzo, anche i più fantasiosi
per arrivare di là, oltre il muro, oltre la Stasi, oltre l'occupazione, nell'oasi sognata della libertà e della ricchezza. Mi ricordo
di una mongolfiera e di qualcuno che si buttava dalla finestre dei palazzi intorno.
Io c'ero e ho contato almeno 133 morti, perché le guardie che mi passavano accanto ogni giorno avevano l'ordine di sparare contro chi non
rispettasse il divieto. Quell'uniforme là nell'angolo appartiene a una di quelle guardie. Anche lei era lì con me.
C'erano degli ordini, e, si sa, gli ordini si eseguono. Ma quei corpi riversi ancora oggi infestano di fantasmi i miei sogni.
Per 28 anni sono rimasto là. 4 volte sono stato utilizzato per costruire una nuova e più efficiente versione del muro. Ero e sono
tutt'ora un mattone che divide.
Ma per fortuna, il vento del cambiamento cominciava a farsi strada nei palazzi del potere. Piano piano, senza fare rumore, una concessione qui,
un'altra là, ecco che, un giorno, il divieto di attraversare il muro scompare. E, la mattina del 9 novembre 1989 Berlino di sveglia e si
scopre un po' più libera.
Comincia allora la lenta opera della mia demolizione, iniziata con un piccone e finita, anni dopo, con la riunificazione della Germania.
Ogni picconata una lacrima, ogni mattone un oppositore del regime ucciso o imprigionato, ogni frammento che si stacca da me una famiglia in
apprensione per il destino di un congiunto.
E finalmente la demolizione finisce. Berlino è di nuovo una città unita. La Germania lo diventerà dopo poco.
Detta cosÌ, la storia sembra semplice. 28 anni in un minuto, un passaggio sfuggente davanti alla teca di questo museo.
Facile ... Come fermarsi a guardare i resti del muro rimasti in piedi.
Tra i turisti ci sono persone che qui hanno perso un amico, un marito, una moglie o un figlio.
Ogni tanto qualcuno depone un fiore anche davanti a me.
Io assito, in silenzio, al trascorrere della storia.
In fondo sono solo un piccolo mattone del Muro di Berlino.
Indietro